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Inizi del linguaggio cinematografico, la figura del videographer e regista

Il linguaggio cinematografico è nato quando i registi si sono resi conto della differenza fra mettere insieme in modo approssimato piccole immagini in movimento, e l’ idea che tali serie di immagini potessero essere messe in relazione l’ una all’ altra.

I primi video maker pionieri, si accorsero infatti che quando si combinavano due simboli differenti, essi si caricavano di nuovo significato trasmettendo in modo nuovo un sentimento, un’ idea, un fatto.

Malgrado i loro errori, delusioni e false scoperte, questi registi furono molto accurati. Se c’è un valore nelle loro regole, è che esse sono il frutto della sperimentazione, un insieme di soluzioni scoperte attraverso la pratica quotidiana del loro mestiere di video maker e video editor.

Tali regole hanno funzionato per loro e per la loro epoca; il loro inconveniente è l’ uso limitato e l’ impossibilità di essere state trasformate in principi stabili.

Solo pochi registi hanno la capacità di razionalizzare i loro processi mentali creativi convertendoli in teoria scritta e analitica. Tutti i linguaggi sono modelli convenzionalmente accettati. Una società stabilisce, o le viene insegnata, l’ interpretazione di simboli con significati uniformi per tutti i membri che ne fanno parte.

I narratori, gli uomini d’ ingegno, devono anzitutto apprendere i simboli e le regole combinatorie. Ma esse sono soggette a frequenti cambiamenti. Artisti e filosofi possono influenzare il gruppo introducendo simboli e regole nuove, scardinando quelle antiche. Il cinema non è estraneo a tale processo.

La storia dell’ evoluzione del cinema come mezzo di comunicazione visiva, è in relazione diretta con la capacità del linguaggio cinematografico di capire la realtà.

La realizzazione di un film è il riflesso della sensibilità di chi ne fa uso, del suo accordo con gli umori dell’ ambiente. 

L’ importanza del montaggio parallelo

la macchina da presa, al di là della sua complessità strumentale e della conoscenza specializzata necessaria per manovrarla, deve rappresentare per il regista soltanto un meccanismo di registrazione, così come la penna o la macchina da scrivere lo sono per lo scrittore.

Maneggiare una macchina da presa richiede soltanto una troupe efficiente. Per il regista è di gran lunga più importante la capacità di trattare idee e concetti.

Una volta che questi due fattori si siano materializzati sulla pellicola devono essere messi insieme. A tale scopo il regista conta essenzialmente su di un principio di montaggio audio video: l’ alternarsi di due o più centri di interesse delle video riprese.

Tale montaggio parallelo è una delle forme più diffuse di linguaggio cinematografico. Esso serve per presentare chiaramente piani della storia conflittuali o in relazione fra loro, spostandosi alternativamente da un centro di interesse a un altro.

La tecnica del montaggio parallelo in fase di post produzione è così comune che il pubblico la dà per scontata in tutti i sui film. Un film che non utilizza tale tecnica irrita lo spettatore, anche se questo non sarebbe in grado di motivare il proprio disagio anche se gliene venisse chiesta la ragione.

Azione e reazione in fase di video ripresa e post produzione

se ci narrano una storia, inconsciamente vogliamo sapere due cose: quale azione si sta svolgendo e come le persone coinvolte stiano reagendo a quella azione.

Se il narratore, in questo caso il video maker e video editor, dimentica di chiarire questi due aspetti della narrazione il pubblico sarà confuso e insufficientemente informato. Ma narrare una storia sullo schermo è un atto impersonale perchè raramente si vede il pubblico e si sentono le sue reazioni.

Il film è già stampato, la storia immutabile e se si tralascia qualcosa non si può fermare la proiezione per integrare l’ informazione mancante. La maggior parte di inquadrature di un film contiene il principio logico di azione e reazione al suo stesso interno.